Tassazione Bitcoin e criptovalute in Italia
Imposta sul reddito delle persone fisiche
I profitti generati dal trading non professionale di criptovalute sono considerati come quelli derivanti dal forex trading ai fini dell’imposta personale la tassazione delle plusvalenze si applicherà a tali profitti solo se la persona interessata ha detenuto sui propri conti più di 51.645,69 EUR di criptovaluta (al tasso di cambio applicabile il 1° gennaio di ogni anno). Nella dichiarazione dei redditi annuale, le persone residenti in Italia devono specificare se hanno criptovalute detenute in portafogli elettronici, così come devono dichiarare se hanno denaro detenuto in conti bancari esteri.
La Direttiva UE 2016/0208 (la “Direttiva AML 5”) è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo n. 125 del 2019 (“Decreto 125”). In effetti, anche prima di recepire tale direttiva nel proprio ordinamento, l’Italia aveva imposto severi requisiti KYC e AML agli scambi di criptovalute, ma con l’attuazione della Direttiva AML 5, gli obblighi AML sono stati imposti anche ai fornitori di servizi di portafoglio di criptovalute. Inoltre, sia i fornitori di criptovalute che di portafogli di criptovalute devono ora iscriversi al Registro degli agenti finanziari e dei mediatori creditizi.
Il decreto 125 ha inoltre chiarito la definizione di crypto exchange, che nel precedente regime era limitato alle imprese che scambiavano denaro fiat con criptovalute e viceversa, mentre con le nuove regole si applica anche all’attività di conversione di un determinato criptovaluta in un’altra criptovaluta. Le disposizioni antiriciclaggio si applicano anche a qualsiasi “fornitore di servizi relativi all’uso di valute virtuali” che fornisce servizi strumentali all’emissione, offerta, trasferimento e regolamento, nonché qualsiasi altro servizio finalizzato all’acquisizione, negoziazione e intermediazione di scambi di criptovalute.
Obblighi AML fornitori di criptovalute in Italia
Per quanto riguarda gli obblighi AML specifici imposti ai fornitori di servizi crittografici, includono un’adeguata due diligence dei clienti, conservazione dei registri e segnalazione di transazioni sospette.
Infatti, i Crypto Service Provider devono fornire informazioni adeguate sulla provenienza dei fondi che i loro clienti chiedono loro di immagazzinare, scambiare o saldare con altre posizioni nonché sull’identità dei loro clienti, inclusi, ad esempio, i loro professione e status fiscale, residenza o residenza in paesi che finanziano il terrorismo, ecc. La due diligence del cliente, tuttavia, non deve essere effettuata solo al momento dell’ “onboarding” un cliente, ma deve anche continuare nel tempo monitorando le operazioni del cliente rilevante (ad es. il cliente ha cercato di sottrarsi al radar frammentando i trasferimenti di fondi? Il cliente ha concentrato le sue attività su Altcoin che ne impediscono il tracciamento , ecc.).
I fornitori di servizi di crittografia devono inoltre conservare registrazioni di documenti, dati e informazioni strumentali a prevenire, identificare o accertare potenziali attività di riciclaggio di denaro o finanziamento del terrorismo che potrebbero essere utili per consentire alle autorità investigative finanziarie competenti di svolgere il proprio lavoro, per un periodo di 10 anni.
Crypto Service Provider tassazione in Italia
Infine, i Crypto Service Provider devono segnalare le transazioni sospette alle autorità competenti.
Recentemente è stata approvata una legge tanto attesa che introduce sandbox normativi per le attività Fintech. Infatti, in data 2 luglio 2021, il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 100 del 30 aprile 2021 è stato pubblicato sul Bollettino Legale Ufficiale italiano ed è entrato in vigore il 17 luglio 2021 (il “Decreto Sandbox”). Sebbene il decreto Sandbox miri a promuovere tutti i tipi di innovazione Fintech, la blockchain giocherà probabilmente un ruolo di primo piano nell’esperimento sandbox.
L’idea alla base del Decreto Sandbox è quella di istituire un Comitato Fintech composto da rappresentanti di tutte le autorità potenzialmente coinvolte nell’autorizzazione o nella vigilanza sulle attività Fintech, ovvero il Garante dei Mercati Finanziari Italiani (CONSOB), l’Autorità per le Comunicazioni (AGCOM) , l’Autorità Garante della concorrenza e della concorrenza (AGCM), l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, l’ente governativo preposto alla digitalizzazione, l’Agenzia delle Entrate e il Garante delle assicurazioni.
Il lavoro del Comitato Fintech è descritto in dettaglio nel tentativo di stabilire un processo completo ma efficiente per valutare i candidati sandbox. I diritti sandbox, se concessi, durano 18 mesi e, in determinate circostanze, possono essere estesi.